Ristoranti e pescherie: come conservare i crostacei vivi per non incorrere in sanzioni

14 Febbraio 2017

Un ristoratore di Campo Bisenzio (FI), nell’aprile 2014 fu condannato in primo grado per maltrattamento di animali dal Tribunale di Firenze ai sensi dell’art. 727 del Codice penale al pagamento di 5.000 euro di multa, poiché nel suo locale conservava astici e granchi vivi su ghiaccio, dentro ai frigoriferi, con le chele legate. Questo art. del Codice Penale fa riferimento a crudeltà verso gli animali senza necessità o all’obbligo di evitare in ogni caso strazio o sevizie insostenibili per gli animali valutando anche le caratteristiche etologiche.

La vicenda risaliva ad un esposto da parte della LAV, presentato nell’ottobre 2012, che denunciava le condizioni di conservazione di alcuni crostacei nel ristorante di Campo Bisenzio (FI). La Polizia Municipale intervenuta sul posto aveva constatato che nel locale venivano conservati i crostacei vivi nel frigorifero con le chele legate e ad una temperatura compresa tra 1°C e 5°C. Tale imprenditore successivamente aveva fatto ricorso alla Corte di Cassazione, che ora rende definitiva la condanna a carico del titolare del ristorante, emessa ad aprile 2014 dal Tribunale di Firenze. Tale condanna si fonda, secondo la Corte di Cassazione su dati scientifici che dimostrano che i crostacei sono in grado di provare dolore e di averne memoria modificando così il loro comportamento. Pertanto la detenzione di tali animali vivi a temperature prossime allo zero e con le chele legate configura un reato.

Grande soddisfazione è stata espressa dagli animalisti della Lav che rilevano come esporre i crostacei in quel modo, secondo gli stessi togati, sia “incompatibile con la natura degli animali e produttiva di grandi sofferenze”.